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Rifiuti ed ecomafie: una soluzione è possibile La “Terra dei Fuochi” infiamma il Forum Greenaccord di NapoliGarbage and “Ecomafias”: a solution is possible.

SAVE THE DATE: Napoli, 6-9 Novembre 2013

Rifiuti ed ecomafie: una soluzione è possibile

La “Terra dei Fuochi” infiamma il Forum Greenaccord di Napoli

La seconda giornata di lavori del X Forum internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura organizzato dall’associazione Greenaccord è stata monopolizzata dal confronto sul tema degli interessi dei clan nella gestione dei rifiuti e sulle strategie possibili per contrastarli. Tra i relatori, il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti e il presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci.

Napoli, 7 Novembre 2013 – Fra pochi mesi saranno passati vent’anni. Era il 1994, quando, grazie a un rapporto di Legambiente, venne coniata la parola “Ecomafia”. Un termine destinato a entrare nel vocabolario pubblico italiano ed internazionale e, soprattutto oggi, di grandissima attualità visto lo scalpore suscitato dai verbali desecretati con le dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone sulla Terra dei Fuochi. Un tema italiano che però attrae un’attenzione globale. Prova tangibile è l’enorme pubblico,  che ha letteralmente affollato la sala di Castel dell’Ovo dove si è svolta la “Tavola rotonda sulle Ecomafie”, organizzata nell’ambito del X Forum internazionale Greenaccord dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura. A confrontarsi con i relatori, giornalisti da tutto il mondo, appartenenti alla rete di giornalismo ambientale di Greenaccord.

Tra gli ospiti intervenuti, il Procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti; il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, il coordinatore nazionale dell’Osservatorio sulle ecomafie di Legambiente, Antonio Pergolizzi e il presidente della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, Ermete Realacci, e il direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia Antonio Giordano.

Tre i temi su cui si sono concentrati gli interventi: l’efficacia degli strumenti a disposizione di magistratura e Forze dell’ordine per contrastare il fenomeno dello smaltimento illegale dei rifiuti, le strategie per effettuare le bonifiche dei territori contaminati, le condizioni che hanno permesso il dilagare di un fenomeno che trascende l’aspetto meramente giudiziario diventando tragedia sociale, ambientale, economica e sanitaria.

“Quando, a metà degli anni ’90 parlavamo di sversamenti illegali di rifiuti che avvelenavano il territorio venivamo visti come marziani, anche dagli operatori dei media” ricorda il presidente della Commissione Ambiente di Montecitorio, Ermete Realacci, all’epoca presidente di Legambiente. “Solo due troupe – CNN e Videomusic – accettarono di venire con noi a vedere la condizione dei terreni vicino alla base Nato di Licola (NA)”. Ora il problema è sulla bocca di tutti. Ma gli strumenti per contrastarlo sono stati perfezionati negli anni. Ma sono ancora tutt’altro che perfetti. Sia a livello giudiziario sia legislativo. “Il Parlamento deve in tempi brevissimi completare l’iter di istituzione, anche nell’attuale legislatura, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Allo stesso tempo, sarebbe estremamente utile destinare alle attività di bonifica parte delle risorse derivanti dai beni sequestrati alla criminalità”, auspica Realacci, che ha poi difeso la scelta di desecretare i verbali dell’audizione rilasciata nel 1997 dal pentito dei Casalesi, Schiavone alla Commissione Ecomafie: “Le istituzioni devono essere prive di zone d’ombra. Anche se, nei contenuti, le parole di Schiavone non aggiungono nulla rispetto a quanto già noto”.

Ma anche per effettuare le bonifiche occorre estrema attenzione, per individuare con precisione i siti su cui intervenire e per evitare che anche tale attività si trasformi in un affare per la criminalità: “Rimanere sul generico, come fa Schiavone nelle sue dichiarazioni, è un paradossale favore ai clan perché uccide i margini per costruire economie legali e di qualità, che siano alternative a quelle inquinate dalle famiglie criminali”.

Si è invece concentrato sull’evoluzione degli strumenti normativi per perseguire i reati ambientali, il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti. Nella sua relazione, un perfetto mix tra rammarico per gli errori passati e speranza per il futuro. “Mi ricordo quando un camorrista mi disse che lavorava con i rifiuti e non con la cocaina perché le eventuali sanzioni erano risibili”. In effetti, fino al 2001 il reato prevedeva solo una contravvenzione e questo – spiega Roberti – ci impediva di usare le intercettazioni telefoniche, di coinvolgere l’Interpol e di contestare il reato di associazione a delinquere”. Ora la situazione è fortunatamente diversa, grazie alle norme introdotte tra il 2006 e il 2010. “L’anno scorso poi un protocollo d’intesa tra l’Antimafia e il Corpo Forestale dello Stato ha permesso di fare indagini preventive sui reati spia, mappando meglio i territori in cui avvengono e permettendoci di intervenire in modo più mirato”.

Ma il problema è ben lontano da una soluzione. Sia perché la criminalità si è aggiornata, costruendo sinergie mondiali per trasferire i rifiuti all’estero (Cina, Est Europa, Corno d’Africa le destinazioni più a rischio) e infiltrandosi nella Green economy con investimenti nel fotovoltaico, nell’eolico e nelle biomasse (“la vicenda del Parco eolico di Isola Capo Rizzuto è solo la punta dell’iceberg” ammonisce Roberti”). Sia perché la difficoltà di perseguire i reati ambientali si inserisce nei decennali problemi del pianeta giustizia in Italia: “Se la giustizia penale antimafia tutto sommato funziona – osserva Roberti – il mondo della giustizia penale ordinaria langue. Ancora oggi vanno in prescrizione moltissimi reati, con punte del 50%”. Inevitabile una richiesta forte a Governo e Parlamento affinché metta mano al sistema delle prescrizioni, per aumentare i tempi a disposizione dei giudici per arrivare a condanna definitiva.

Questioni già note a chi si interessa del fenomeno rifiuti da più tempo. Come Legambiente, che da 19 anni produce il rapporto Ecomafie. “Le dichiarazioni di Schiavone non fanno che confermare quanto diciamo da due decenni” osserva il coordinatore nazionale dell’Osservatorio sulle ecomafie di Legambiente, Antonio Pergolizzi, che nel suo intervento lancia un duro atto d’accusa contro l’inazione di ampi settori dello Stato. “Se i clan sono entrati nella gestione dei rifiuti è perché il settore era abbandonato dallo Stato. E più i rifiuti erano tossici, pericolosi, difficili da smaltire per vie legali, più i margini di guadagno per la criminalità erano elevati”. Una situazione che ha letteralmente avvelenato il territorio: “molte opere stradali sono state fatte con rifiuti mescolati con il cemento” denuncia Pergolizzi. “Persino nel sedimento stradale sono stati occultati rifiuti tossici e radioattivi”.

La responsabilità ovviamente è nella fame di denaro dei clan mafiosi. Ma non solo. La connivenza di professionisti, amministratori, politici è stata cruciale. “Non c’è indagine in cui non siano stati coinvolti colletti bianchi. Politici, burocrati, funzionari pubblici ed esperti privati hanno avuto un ruolo attivo. Ecco perchè la risposta non può essere solo giudiziaria. Deve arrivare invece dalla valorizzazione delle buone pratiche e dei pezzi di economia che cerca di combattere lo status quo”.

Un riscatto collettivo in cui ognuno è chiamato a fare la sua parte, per quanto piccola possa sembrare. A partire dall’abbandono di quella che Papa Francesco ha definito “cultura dello scarto”. Un concetto ricordato dal Angelo Spinillo, vescovo di Aversa. “Quello del pontefice è un appello alla popolazione civile a ribellarsi contro una situazione sbagliata e a un modello opprimente, che ci spinge a considerare scarto tutto ciò che non ci è utile in un certo momento”. Spinillo ricorda come i vescovi campani abbiano da tempo prodotto documenti contro mafia e camorra “ma solo quando le conseguenze delle attività criminali sul nostro territorio sono state toccate con mano, l’opinione pubblica ha preso davvero coscienza del problema ed è finalmente possibile tenere alta l’attenzione sul fenomeno, sperando di arrivare a risultati concreti”.

Naples, 6-9 November 2013

Garbage and “Ecomafias”: a solution is possible.

The “Land of the bonfires” inflames the Greenaccord Forum in Naples

The second day of lectures of the 10th International Media Forum on the Protection of Nature organized by the Greenaccord non-profit organization found at its core the confrontation and discussion on the interests the Camorra clans have in garbage industry and on the possible strategies to employ to stop them. Among the speakers, the National Anti-mafia Prosecutor, Franco Roberti, and the President of the Parliament’s Commission for the Environment, Ermete Realacci.

Naples, 7 November 2013 – In just a few months, 20 years will have passed since the environmentalist association Legambiente first coined the word “Ecomafia” in 1994, to describe the criminal garbage waste business. A term destined to become part of the people’s vocabulary nationally and internationally and, especially today, of great modernity given the outrage that broke out upon the recently released court decelerations of mafia supergrass Carmine Schiavone on the “Land of the bonfires”, a territory between Naples and Caserta often scattered with bonfires of illegally disposed trash. An Italian issue which has attracted global attention, represented also by the large public that crowded the conference room of Castel dell’Ovo where the “Roundtable on Ecomafias” was held, organized by the organization Greenaccord and part of the 10th International Media Forum on the Protection of Nature. Among the public the were the one hundred journalists part of the Greenaccord network and arriving from all over the world.

Among the speakers participating to the Roundtable, the National Anti-mafia Prosecutor, Franco Roberti; the bishop of Aversa, near Naples, Angelo Spinillo; the national coordinator on the Observatory of Ecomafias of environmental organization Legambiente, Antonio Pergolizzo : the president of the Parliament’s Commission for the Environment, Ermete Realacci and the director of Philadelphia’s Sbarro Institute, Antonio Giordano.

Among the topics mostly discussed: the efficiency of the justice system and the police forces to contrast the phenomenon of illegal disposal of garbage waste, the strategies to reclaim the contaminated territories, the conditions that allowed for such a phenomenon to transcend the mere judiciary aspect and become a true social, economic and health-related issue.

“When, in the mid ’90s, we insisted on discussing toxic spills from illegal garbage dumps which were poisoning the land, people and journalists, would look at us as if we were aliens” remembers Ermete Realacci, Preisdent of the Parliament’s Commission for the Environment, then president of Legambiente. “Only two television crews – CNN and Videomusic – accepted to come with us and see first hand the conditions of the soil near the Nato base of Licola, near Naples”. Now the issue is on everyone’s mouths.

Since then, the instruments and methods to contrast the problem have been perfected, yet they are all but perfect. Both under a judiciary and legislative point of view. “The parliament has to complete – as fast as possible – the legislative institution of a Parliamentarian Commission to investigated the garbage cycle. In the meantime, it would be extremely useful to spend the resources confiscated to the mafia on the recovery and reclamation of the damaged territories” Realacci explains, defending the State’s decision to publicly publish the declarations of supergrass Carmine Schiavone, of the Casalesi clan, to the parliament’s Ecomafia Commission back in 1997: “The institutions need to be secret-free on the matter. Even if Schiavone’s words actually did not add that much more to what we already knew”.

But even when reclaiming the intoxicated territories one must precisely locate where to operate and carefully avoid for the organized crime to take advantage of the money inflow: “Generalizing, like Schiavone does in his declarations, is a paradoxical favor we would make to the mafia clans, because it deletes the borders defining where legal and high-quality economies can cherish and become a strong real alternative to those polluted by the mafia families”.

National Anti-mafia Prosecutor, Franco Roberti, addressed the ways and instruments necessary to pursue environmental crimes. His words expressed both remorse for the past mistakes and hope for the future. “I remember that time a mafioso told me that he was working with garbage and not with cocaine because the criminal consequences were minor”. Until 2001 such crimes only foresaw a penalty and this – Roberti explains – “would prevent us from using wiretaps, from involving Interpol and charging the involved for criminal conspiracy”. Luckily the situation has now changed, thanks to the laws introduced between 2006 and 2010. “Last year’s ratification of a collaboration between the Anti-mafia Commission and the State Forestry Corps has allowed us to do preventive investigations on the interested territories and allowed us to intervene at the right moments”.

But the problem is far from a solution. Both because the organized crime has improved and built worldwide networks to transfer the garbage waste abroad (China, Eastern Europe and the Horn of Africa are the most targeted) and it is infiltrating the Green economy market by investing in wind farms, biomass and solar energy (“the case regarding the wind farm on the Capo Rizzuto Island is just the tip of the iceberg” warns Roberti). And also because the difficulty in pursuing environmental crimes is intensified by the old problems in the Italian justice system, too overloaded and bulky: “While the anti-mafia criminal laws do work – Roberti remarks – the ordinary criminal law languishes. Still today many criminal offenses are barred statute, with 50% peeks. Inevitably there is a strong request to the Government and the Parliament to modify the current system of barred statute to extend the time judges need to reach a definitive verdict”.

All matters and issues well known to those who have been addressing the garbage issues for a while. Like Legambiente, who has been producing a yearly “Ecomafia” report since ’94.  “Supergrass Schiavone’s declarations simply confirm what we have been stating for two decades” says Antonio Pergolizzi, the National Coordinator of Legambiente’s Ecomafia Observatory, attacking and accusing practices of wide sectors of the State. “Part of the reason why the local mafia has infiltrated the garbage business is also because the State was not present enough in that sector. And the more toxic, dangerous and hard to legally dispose was the waste, the higher were the profits”. And this is how the territory was literally poisoned: “roads were built with cement mixed with garbage” Pergolizzi denounces “even in the roads they have hidden toxic and radioactive waste”.

The main cause is obviously the mafiosi’s hunger for profit. But not only. The compliance of professionals, administrators and politicians was also crucial. “Not even one of all the investigations conducted was white-collar free. Politicians, bureaucrats, public employees and private experts had active responsibility. This is why the solution can not be merely judicial. We need to endorse those who do right and value the sectors of the economy that fight to change the current status quo”.

A collective redemption each one of us must have a part in, as small as it may seem. Starting from abandoning what Pope Francis has defined “culture of waste”. A concept brought up by Angelo Spinillo, bishop of Aversa. “The Pontiff has called the people to rebel against an oppression and a misguiding system, which drives us into considering waste whatever is useless to us in that specific moment”. Spinillo recalls how the local bishops have been producing for a long time documents and reports against the local “camorra”, “but only when the consequences of criminal activities within our territory have touched us personally did public opinion truly gain consciousness of the problem and attention was attracted on the phenomenon, in the hope to reach concrete results”.

Visit www.greenaccord.org for a full program of the X International Media Forum on the Protection of Nature. Live streaming of the event is available on our website.

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