Greenaccord – Press & Communication Office

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SI PUO’ PARLARE ANCORA DI POLITICA AMBIENTALE? RIO + 20: il dubbioCan we still speak of environmental policy? Rio+20: the doubt

Vent’anni fa si tenne a Rio de Janeiro la prima Conferenza sulla Terra. Fu un evento straordinario: a molti sembrò l’inizio di una politica ambientale seria. In quell’evento furono fissati 27 principi per guidare il mondo verso un  futuro sostenibile. La difesa dell’ambiente non più ubbie di minoranze chiamate “verdi”, ma scelte politiche ed economiche condivise ed accettate dagli Stati, sotto l’ombrello dell’ONU, quasi a presagire una governance planetaria.  Negli ultimi giorni di giugno sempre a Rio si è tenuto Rio + 20, cioè Rio vent’anni dopo. Confuso fra i tanti vertici, con i media distratti, quello di Rio è quasi passato sotto silenzio. Eppure erano presenti 190 Stati e i rappresentanti di un gran numero di istituzioni internazionali, associazioni ed altro, con uno sforzo organizzativo e finanziario dell’ONU di grande rispetto. Risultati?Ecco il terribile dubbio! Qualcuno, come il britannico The Guardian non esita a scrivere “ Strangolata la speranza”!

Effettivamente ad ogni summit sembra che si sia giunti all’ultima spiaggia e che i tempi per la difesa ambientale siano arrivati. Niente di meno vero. Se” Rio ‘ 92” aveva aperto i cuori alla speranza, hanno pensato Kyoto ’97, Johannessburg 2002, Copenaghen 2008 e poi Cancun 2010 a raffreddare ogni residuo entusiasmo. Difficile essere sicuri che la promessa di Johannesburg ’02 di dimezzare nel 2015 il numero dei poveri possa realizzarsi.

Siamo sicuri che il riscaldamento dell’atmosfera si arresti? Oggi come oggi, non possiamo essere certi di nulla; la crisi economica mondiale che avanza  ha sparigliato le carte e offerto facili alibi. Ecco perché Rio + 20 non è nemmeno una sbiadita copia carbone di quello di vent’anni fa. E  il mondo è sicuramente in peggiore stato del 1992. Che fine hanno fatto i documenti, gli impegni solenni e ancor più i promessi fondi? Chiederselo è quasi perdita di tempo. Anche alla fine dei tre giorni di Rio+ 20 è stato reso pubblico un documento di 49 pagine e 283 punti, un documento che ha una curiosa particolarità: era già pronto il giorno prima dell’inizio del summit  (ovviamente frutto di un lungo lavoro degli sherpa) e curiosamente votato all’unanimità senza alcuna correzione. Un documento di una notevole “eleganza”, contenente principi generali condivisibili, ma povero di concretezza. Sul suo contenuto la distanza fra “ambientalisti” e “governativi” è ancor più marcata che nei precedenti summit. Un altro momento che allontana la “società civile “ (termine vago, ma che dice qualcosa) dalla politica.

Ma un tertium per la prima volta emerge con evidenza: la green economy che ha  per principali protagonisti ancora una volta Cina e USA. Elemento da non sottovalutare, non solo per ragioni economiche, ma anche politiche. Ma intanto che noi aspettiamo, la natura fa il suo corso, lento e inesorabile. Restare immobili senza reagire? Certamente no. Ognuno può e deve fare qualcosa, se non per noi, almeno per chi ci seguirà,  perché come diceva Madre Teresa di Calcutta : “anche una goccia fa più grande il mare”.

Angelo Sferrazza

The first Conference on the Earth took place 20 years ago in Rio de Janeiro. It was a an extraordinary event: to many it seemed the beginning of a serious environmental policy. On that occasion 27 principles were set to guide the world towards a sustainable future. The protection of environment is no more a nonsense of few minorities called “green”, but political and economical choices shared and accepted by the States, under the umbrella of ONU, almost predicting a global governance. In the last days of June always in Rio, took place “Rio + 20”, meaning 20 years after Rio. Confused among the various summits, with distracted media, the conference of Rio has almost gone unnoticed. Yet 190 countries were present and representatives of a large number of international institutions, associations and more, with a UN organizational and financial effort of great respect. Results? Here comes the terrible doubt! Some, like Britain’s The Guardian does not hesitate to write “choked hope“!

Effectively at each summit it seems like reaching the last beach and that the time for environmental tutelage has arrived. Nothing could be less true. If Rio in ’92 had opened hearts to hope, then Kyoto in ’97, Johannessburg in 2002, Copenhagen in 2008 and Cancun in 2010 have cooled any remaining enthusiasm. It is difficult to be sure that the promise of Johannesburg in 2002, of halving by 2015 the number of poor, can be achieved.

Are we sure that the warming up of the atmosphere will stop? Nowadays, we can not be certain of anything; the advancing global economic crisis has confused the cards and offered easy alibi. That’s why Rio + 20 is not even a pale carbon copy of the twenty years ago’s edition. And the world is definitely in a worse condition than in 1992. What happened to the documents, to the solemn commitments and even more to the promised funds? Wondering over those questions is almost a waste of time. Even after the three days of Rio + 20 it was made public a document of 49 pages and 283 points, a document that has a curious peculiarity: it was ready the day before the beginning of the summit (obviously a result of the Sherpas’ long work) and curiously voted unanimously without any observation. A document of a great “elegance”, containing general shareable principles, but poor in substance. In its content, the distance between “environmentalists” and “governmentals” is even more pronounced than in previous summits. Another moment that drives away the “civil society” (a vague term, but that says something) from politics.

But for the first time a tertium emerges with evidence: the green economy that has for the main protagonists once again China and USA. Element not to be underestimated not only for economic reasons, but also political. But while we wait, nature takes its course, slow and inexorable. To stand still without reacting? Certainly not. Everyone can and must do something, and if not for us, at least for those who will follow us, because, as Mother Teresa of Calcutta use to say: “even one drop makes a bigger sea

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