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Di seguito, le Riflessioni sull’Enciclica, a cura di Andrea Masullo, presidente Comitato Scientifico Greenaccord
DA SAN FRANCESCO A PAPA FRANCESCO
E’ l’estate del 1225 quando San Francesco, malato e quasi cieco, compone il “Cantico di frate sole”. Papa Francesco inizia la sua enciclica con le parole del Cantico per farci imparare dal Santo di Assisi l’atteggiamento da tenere di fronte al creato. Giovanni Joergensen, dice che “egli riguarda tutte le creature come aventi un rapporto comune col medesimo Padre, e perciò egli ravvisa veri fratelli e vere sorelle, in tutti gli esseri viventi, anzi in tutte le cose create. Molte sono le mansioni nel regno del Padre celeste; ma tutto questo regno forma una famiglia sola”.
Di questa unità di tutte le creature di fronte al Creatore, Papa Francesco fa uno dei capisaldi della sua enciclica. (2) “Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora“. Al paragrafo (9), citando un discorso del Patriarca Bartolomeo, il Papa scrive: “È nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta”
E così l’enciclica ci introduce, attraverso San Francesco, ad una “ecologia integrale”, che si manifesta nella sua attenzione particolare e inscindibile verso tutte le creature e verso i poveri, in particolare verso tutte le creature più fragili e che più hanno bisogno di amorevole cura e protezione.
(10) “In lui (San Francesco) si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore“.
IL DISSESTO ECOLOGICO E IL DEGRADO UMANO
Nell’enciclica troviamo una elencazione precisa e dettagliata di tutti gli allarmi che la scienza sta lanciando con crescente gravità rispetto alle crisi ecologiche: dalle drammatiche previsioni sui cambiamenti climatici all’inquinamento delle acque e del suolo, alla distruzione delle foreste ed alla perdita irreversibile della biodiversità, che è la grande ricchezza su cui la biosfera costruisce il suo futuro. E’ parere diffuso fra gli scienziati che il mondo si sia incamminato verso la sesta estinzione di massa. Di molte specie non solo non conosceremo mai la loro potenziale utilità per l’uomo, ma “per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto” (33).
Il Papa sottolinea come tutto si lega nel creato e non si possono separare ambiente e organizzazione umana, tutto deve muoversi compatibilmente con un unico ordine posto dal Creatore. Il dissesto climatico provocato dallo spreco di risorse energetiche fossili nei paesi ricchi, crea situazioni drammatiche come desertificazione, inondazioni, innalzamento dei mari, scioglimento dei ghiacciai, ondate di calore, che gravano soprattutto sulle popolazioni più povere che hanno meno strumenti per difendersi. L’incredibile flusso di prodotti agricoli, che parte dai paesi poveri per alimentare il bestiame per l’eccessivo consumo di carni bovine sulla mensa dei ricchi, e di biocombustibili per alimentare le loro automobili, lascia sguarnita la mensa dei poveri, lascia i terreni contaminati da pesticidi e concimi chimici, aggravando spesso l’insufficiente disponibilità di acque potabili sicure. Popolazioni con gravi carenze alimentari, vengono espropriate delle loro terre dalle multinazionali, attraverso contratti di affitto pluridecennali stipulati con amministratori locali, lasciando fuori chi da generazioni ne trae sostentamento, senza poter tuttavia vantare alcun diritto di proprietà. Ad accrescere questo incredibile flusso di risorse dai paesi poveri verso quelli ricchi ci sono le imprese minerarie; la maggior parte delle materie prime e dei combustibili utilizzati nell’economie ricche provengono dai paesi poveri dove lasciano salari miserrimi. Nei paesi poveri restano inoltre i gravi fenomeni di inquinamento prodotti da tali attività, con i conseguenti danni sulla salute dei lavoratori e delle popolazioni. La ricchezza dei paesi ricchi non è quindi solo frutto dell’ingegno e delle tecnologie, ma di un pesante debito ecologico verso i poveri che non viene riconosciuto. Ciò avviene attraverso accordi diretti fra le imprese multinazionali, governi compiacenti dall’una e dall’altra parte, funzionari corrotti e mafie locali. Basti pensare alla condanna a morte del poeta nigeriano Ken Saro Wiwa, giustiziato il 10 novembre 1995, reo di aver difeso i diritti delle popolazioni del delta del Niger dalla devastazione ambientale provocata dalla Shell e dalle altre compagnie petrolifere, fra cui anche l’ENI oggi sotto inchiesta per un giro di tangenti pagate a politici e burocrati nigeriani. Guerre, violenze, cambiamenti climatici e inquinamento sono ormai la base di gran parte del fenomeno dei migranti, al punto che le Nazioni Unite stanno definendo la nuova categoria di “rifugiati ambientali”.
L’enciclica va alla radice di questa cultura che getta fra i rifiuti natura e persone ed incontra il degrado umano e sociale, ben evidente nel caos di città sempre più indaffarate e sempre meno attente ai poveri. Alla radice del degrado c’è l’ossessiva attenzione alla crescita dei consumi, alla crescita di un prodotto lordo che non fa differenza alcuna fra l’utile e l’inutile, fra il bene e il male, che somma insieme, il pane con le armi, le malattie di chi subisce l’inquinamento con i profitti di chi lo produce, che mette insieme profitti leciti con quelli illeciti e come una grande lavatrice pulisce includendo con il segno più anche lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di stupefacenti. E si pretende che questo sia l’indicatore di benessere verso cui orientare l’economia.
L’illusione di una impossibile crescita illimitata dei consumi già oggi fa sì che l’uomo utilizzi ogni anno il 35% in più delle risorse e dei servizi ecosistemici che il pianeta è in grado di rigenerare. Questo significa che mentre il PIL continua a crescere lasceremo alle generazioni future un pianeta con meno potenzialità. Questa ossessione consumista destabilizza le reti ecologiche come le reti sociali. L’uomo, ridotto a strumento di produzione e consumo, vive sempre più il paradosso della solitudine in città sempre più affollate. Il consumismo ci vuole docili e insoddisfatti nel rispondere ai falsi bisogni, alle false promesse di felicità riposte nelle cose, proposte con enorme profusione di mezzi dalla pubblicità e dagli stili di vita che essa promuove. Lo spreco è allora un valore, perché da esso nascono nuovi consumi e nuove opportunità di profitti. La soddisfazione del possesso di un certo oggetto, deve presto essere sostituita dal desiderio di una qualche novità per alimentare il meccanismo del consumo. La socialità è vista quasi come un ostacolo perché induce alla riflessione, al confronto che può portare a scelte consapevoli e al rifiuto dei desideri coatti. Come sciami di insetti dobbiamo muoverci obbedendo allo stesso stimolo esterno verso il centro commerciale che sostituisce la piazza; il luogo di incontro e di relazioni umane, al centro della vita sociale, viene sostituito con un luogo di relazioni commerciali.
Chi non regge il ritmo di produzione e consumo, l’anziano, il povero, il disoccupato, perde di interesse, diventa un peso per l’economia, oggetto di sopportazione piuttosto che di attenzione, ed è destinato alla marginalità. L’egoismo e la competizione piuttosto che la condivisione e la cooperazione, dominano nella vita sociale ed economica.
IL PARADIGMA TECNOCRATICO
L’enciclica non si ferma a questa che possiamo chiamare una analisi di deep-ecology e fa un altro passo alla ricerca delle radici della rottura del patto con cui il Creatore ci ha affidato il creato. La rottura dell’unità del sapere.
Papa Francesco, pur riconoscendo gli enormi benefici che il progresso della scienza e della tecnica ha portato all’umanità, ci mette in guardia da un grande pericolo: le tecnologie hanno dato all’uomo un grande potere materiale al quale non è corrisposto un altrettanto grande sviluppo etico che sappia orientarlo al bene. L’uomo si è fatto creatore del suo mondo pensando di poter disporre a suo piacimento di quel mondo ricevuto in dono da Dio. Si è radicata l’idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti (6) e che le ferite all’ambiente naturale ed all’ambiente umano causato da tale atteggiamento irresponsabile, possano sempre trovare risposte in nuove scoperte e nuove tecnologie. Papa Francesco definisce estremamente pericoloso questo atteggiamento che chiama “paradigma tecnocratico” che rischia di portare la scienza a rivolgersi contro l’uomo piuttosto che operare per il suo bene.
Sembra di ascoltare le parole del grande scienziato italiano Adriano Buzzati Traverso, quando diceva che “forse l’errore più grande che l’uomo moderno abbia commesso è stato quello di considerare la scienza come la quintessenza della ragione e di credere, di conseguenza, che progresso scientifico fosse sinonimo di progresso umano”.
Le scienze empiriche, assunta la guida della conoscenza, hanno relegato le scienze umane e la filosofia ad una sorta di esercizio culturale di secondaria importanza, negando il contributo che la religione può dare nella comprensione del senso dell’esistenza del mondo e della presenza in esso dell’uomo. Papa Francesco propone un dialogo costruttivo fra scienza e religione che possa portare al pieno sviluppo del genere umano superando l’attuale frammentazione del sapere. Il grande biologo americano Stuart Kauffman, studiando l’evoluzione dell’universo, nota che essa non è una casuale emersione dal caos come affermato dalle teorie darwiniane, che il mondo così come lo conosciamo oggi non è determinato dalle leggi della fisica, della chimica e della biologia, ma che viceversa sono le scienze empiriche ad esser figlie di questo universo. Egli osserva che l’universo sembra dominato dalla propagazione di un ordine crescente che emerge da ogni suo elemento vivente e non vivente. Da ateo, Kauffman attribuisce un valore di sacralità, nel senso di una importanza assoluta e fondamentale, a questa creazione di ordine, che inizia con il Big Bang di 15 miliardi di anni fa e continua ancora oggi. In base a ciò egli in un suo libro del 2008 intitolato “Reinventing the sacred” rivolge il seguente appello alle religioni mondiali: “Se la metà di noi crede in un Dio soprannaturale, la scienza non disapproverà questa credenza. Noi abbiamo bisogno di uno spazio per la nostra spiritualità, e un Dio Creatore è uno di questi spazi…. Noi possiamo inventare un’etica globale, in uno spazio condiviso, sicuro per ciascuno di noi, con una immagine di Dio come creatività naturale nell’universo”. Papa Francesco sembra oggi raccogliere questo invito.
Noi viviamo oggi il paradosso di una umanità cresciuta con una fede cieca nella scienza che tuttavia è pronta ad ignorane gli allarmi quando questi appaiono sgraditi. Papa Francesco usa parole molto dure per chi nega i problemi ed assume un comportamento evasivo per mantenere il proprio stile di vita irresponsabile o per tutelare i propri interessi economici.
(54) “La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti“.
E’ forte la chiamata ad una responsabilità collettiva e individuale che ci riguarda a prescindere dal ruolo che abbiamo nella società: ognuno deve fare la sua parte. La politica deve tornare ad orientare l’economia verso il progresso umano e non essere strumento irresponsabile della finanza. Il singolo cittadino deve impegnarsi nelle piccole scelte quotidiane ribellandosi al consumismo ed allo spreco, ricordando che siamo una unica famiglia in una unica casa comune; se la casa va in rovina, la rovina sarà per tutti.
Alla prossima conferenza sul clima, che si svolgerà a Parigi nel prossimo mese di dicembre, i politici devono superare il loro egoismo nella consapevolezza che c’è in gioco non la sorte di questo o quel governo, ma il futuro dell’intera umanità; gli scienziati hanno già parlato spiegando che siamo in cammino verso gli scenari peggiori di cambiamenti climatici irreversibili e difficilmente affrontabili dall’umanità. Possiamo ancora evitare la catastrofe limitando i danni entro soglie fronteggiabili, convertendo al più presto l’economia verso la sostenibilità ecologica e sociale. Il tempo è poco e bisogna operare in fretta.
IL TEMPO DELLA NATURA E IL TEMPO DELL’UOMO
Un’altra sottolineatura, fra le tante perle di questa enciclica, vorrei farla sulla visione del creato che ci viene proposta e sul ruolo dell’uomo, a partire da una considerazione sul tempo.
L’accelerazione dei tempi della frenesia produttivista che guida l’economia attuale, che il Papa chiama simpaticamente “rapidaciòn”, contrasta con i tempi dei processi naturali danneggiando i cicli che sottendono al mantenimento della vita, dal ciclo dei nutrienti di base al ciclo del carbonio, alterando le dinamiche atmosferiche, idrologiche, biologiche che, come ricordato spesso nell’enciclica, sono tutte legate fra loro. Ma tale accelerazione si ripercuote anche sulle dinamiche sociali, indebolendo i legami e virtualizzando le relazioni verso pseudo-relazioni superficiali come quelle mediate dai social network. Viviamo immersi in un tempo scandito da una successione di intervalli tutti uguali, che ormai si misurano in minuti, secondi, nano-secondi che scandiscono una sequenza di impegni, contatti telematici, sempre col cronometro in mano, in cui anche le relazioni umane sono relegate ad un intervallo predeterminato. E’ un tempo quantitativo, senza qualità, che più che attivi ci rende indaffarati e affannati, che divora e consuma uomini e natura; un tempo in cui si può solo invecchiare, che ci fa scivolare inesorabilmente verso l’inutilità rispetto al ruolo di produttori/consumatori affidatoci dal sistema consumista; un tempo che a un certo punto ci fa dire “non reggo più il ritmo della vita”. E’ un tempo che rende le cose e le persone scarti inutili.
Di fronte a questa drammatica rappresentazione della realtà Papa Francesco ci dipinge una straordinaria via di uscita: (83) “Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto. L’essere umano, infatti, dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pienezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore”.
Egli da un senso pieno alla nostra presenza sulla Terra, con una investitura sacerdotale: accompagnare il creato nel cammino verso il creatore. In questa commovente prospettiva di una umanità che accompagna tutte le creature in questa marcia verso il Creatore, possiamo vivere in un tempo pieno, quello che i greci chiamavano kairòs, un tempo che non fa invecchiare nell’inutilità, ma ci dà sempre e comunque l’opportunità di avvicinarci al creatore rendendo preziosa la nostra vita fino all’ultimo istante.
IL PIANO DI AZIONE DI PAPA FRANCESCO
Può sembrare questa una bella immagine teorica, per certi aspetti anche mistica; ma Papa Francesco ci ha abituati a parole tanto profonde quanto semplici e concrete rivolte a tutti. E’ durissimo il giudizio sulla irresponsabilità della nostra generazione che lo porta a dire (157) “l’umanità del periodo post-industriale sarà forse ricordata come una delle più irresponsabili della storia, c’è da augurarsi che l’umanità degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità“.
Troppi paesi privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Egli ci dice cosa i governi e le istituzioni internazionali devono fare.
La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia.
Pensare a un solo mondo e a un progetto comune per risolvere le gravi difficoltà sociali e ambientali
Programmare una agricoltura sostenibile diversificata con la rotazione delle colture e rispettosa delle dinamiche ecologiche dei suoli
Sviluppare le energie rinnovabili e incentivare l’efficienza energetica
Promuovere una gestione sostenibile delle risorse forestali e marine
Aiutare i paesi con scarse risorse ad adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici che già si stanno producendo e colpiscono le loro economie.
Sviluppare istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate per una governance concordata per tutta la gamma dei cosiddetti beni comuni globali.
Affrontare contemporaneamente la riduzione dell’inquinamento e lo sviluppo delle regioni povere.
Promuovere un percorso di sviluppo produttivo più creativo e orientato a risolvere i problemi urgenti dell’umanità piuttosto che l’eccessivo consumo
E’ arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo liberando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti.
Mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. Le azioni indicate sono:
Sviluppo di cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentano l’autosufficienza
Gli amministratori devono assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile e gli abitanti devono ridurre il consumo di acqua imbottigliata e lo spreco di acqua
Rifiutare prodotti poco efficaci dal punto di vista energetico o inquinanti
Promuovere la partecipazione delle popolazioni nella valutazione preventiva di progetti che abbiano conseguenze sull’ambiente.
Differenziare e ridurre i rifiuti. Riutilizzare qualcosa invece di disfarsene rapidamente.
Cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare
Trattare con cura gli altri esseri viventi e costruire una cultura della vita condivisa nel rispetto per quanto ci circonda
Utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone
Spegnere le luci inutili
Piantare alberi
(211) “Tutto ciò fa parte di una creatività generosa e dignitosa, che mostra il meglio dell’essere umano“.