Comunicato successivo al seminario di Greenaccord “Tracciamenti dei contatti: risvolti tecnologici, giuridici e sanitari”
«L’App Immuni è stata scaricata da circa 4 milioni di persone, e soltanto qualche migliaia al momento sembra averla attivata. Si tratta di un flop?». Dopo il saluto del presidente di Greenaccord, Alfonso Cauteruccio, si è aperto con la provocazione di Emilio Albertario, giornalista Rai, il seminario di formazione per giornalisti, “Tracciamento dei contatti: risvolti tecnologici, giuridici e sanitari”, che si è tenuto lo scorso 2 luglio, nella Sala Myriam della Parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata a Roma. L’iniziativa è stata organizzata da Greenaccord Onlus, con il patrocinio di Steris, Libreria Leoniana, Geosmartcampus.
La parola, quindi, all’altro Emilio, Emilio Misuriello, Amministratore Delegato di Esri Italia, Azienda di riferimento nelle soluzioni geospaziali, nella geolocalizzazione e nei Sistemi Informativi Geografici. La società, inoltre, è parte integrante della Esri One Company, un sistema di oltre 80 aziende a livello internazionale che opera in network in oltre 200 Paesi. «In Europa, stiamo lavorando assieme per cercare di avere uno standard dati al fine di ampliare la possibilità di tracciamento di quanti hanno contratto il Covid-19, e di coloro con i quali sono entrati in contatto». Uno dei motivi per i quali in alcuni Paesi come l’Italia, poche persone hanno scaricato la App, è che non è obbligatorio farlo. «Paesi più “draconiani” come il Qatar, la Corea, la Russia, la Cina, hanno invece imposto l’obbligo», ha concluso Misuriello.
Nella percezione comune, la App “Immuni” comporterebbe rischi per la privacy. «Un paradosso», lo ha definito Giuseppe Busia, Segretario generale del Garante della Privacy. In effetti, basta pensare a come veniamo tracciati dalle banche, alla condivisione di dati su Facebook, ad altre App molto più invasive. «Il fatto che viviamo in un ambiente pieno di sensori, ci porta a dire che abbiamo ancora più bisogno del controllo di questi dati – ha spiegato -. Le informazioni che noi forniamo a volte con grande leggerezza, sono importantissime per la nostra vita. Innanzitutto proprio quelle relative alla salute, ma anche quelle che dicono dove sono stato, con chi mi sono incontrato. Sono dati che vanno protetti. Ecco perché – quando si è cominciato a ragionare su una App di tracciamento – siamo intervenuti come Garante della Privacy. Assieme alle altre autorità europee di protezione dati, abbiamo analizzato i vari sistemi». Si è arrivati quindi ad una garanzia precisa.
«Se stai raccogliendo dati per tutelarmi la salute, devi usarli solo per quello. La nostra normativa per la protezione dei dati è chiara, e aiuta a creare fiducia nei confronti del mondo digitale. Abbiamo chiesto la volontarietà, ovvero nessuna conseguenza per la cura di chi non scarica la App. Non si tratta di obbligare, ma di convincere le persone che lo strumento è utile. I dati servono solo a costruire la rete dei contatti, ma tutto avviene tramite codice, per cui nessuno saprà mai chi è il positivo che ha incontrato. La App Immuni è molto più sicura delle tante che abbiamo nel telefonino. Si tratta solo di aumentare la nostra consapevolezza perché i dati sono per le grosse società il motore della ricchezza del XXI secolo, in quanto consentono la pubblicità personalizzata. Noi invece, vogliamo usare gli strumenti digitali, non essere usati dagli stessi».
L’ingegnere Mauro Grigioni, Direttore di Centro TISP – Centro nazionale tecnologie innovative in sanità pubblica, ha illustrato come si è arrivati alla scelta di questo sistema di tracciamento, escludendone altri. «I bioingegneri – ha detto – avevano molte possibilità di giocarsi una carta tecnologica su questa partita. Hanno realizzato App Immuni perché ha alcune caratteristiche. Innanzitutto utilizza uno smartphone, che è appannaggio del 70% degli italiani, quindi una buona percentuale, ed il Bluetooth perché ha la capacità pervasiva di andare a contattare i vicini e di generare codici. Codici che sono completamente anonimi, poiché un sistema di crittografia impedisce di associarli al proprietario. In tutto questo, l’Ente sanitario non è presente finché non si arriva al test. Va detto, però, che la App non è la soluzione, è un’implementazione di altre tecniche di monitoraggio, là dove non riesco a ricordare chi ho incontrato».
Marco Valerio Cervellini, Commissario della Polizia Postale e delle Comunicazioni, ha ribadito l’importanza di assistere i giovani nell’uso delle tecnologie informatiche, proprio per evitare che in rete finiscano dati personali e sensibili. Non c’è solo il coronavirus da cui difendersi. «In natura esistono 9.000 specie microbiche, ma noi ne conosciamo solo una piccola parte». Ha esordito così Antonio Brighenti, Quality Assurance manager di Steris IMS, Azienda internazionale specializzata in servizi di sterilizzazione. «Va sottolineato che prima della sterilizzazione, va fatta la rimozione dello sporco grossolano, altrimenti la seconda potrebbe non risultare efficace – ha continuato -. L’igiene è sicuramente la prima azione di contrasto, poi ricordiamoci di usare correttamente i dispositivi di protezione individuale: la mascherina chirurgica è monouso. Allo stesso modo va fatta molta attenzione alle istruzioni dei disinfettanti. Dunque, niente “metodo della nonna”».
La giornalista Romina Gobbo, responsabile della Comunicazione di Grennaccord, sollecitata dalle domande del collega Emilio Albertario, ha raccontato la “pandemia mediatica” prendendo spunto dal suo libro “Ne uccide più la lingua che il Covid”. Il volume, scritto durante il lockdown, traccia un parallelismo tra il linguaggio usato dai media e dalle Istituzioni per descrivere la pandemia, e quello tipico del mondo militare. Una narrazione che si dipana fra guerra, assedi, artiglieria pesante, nemici da combattere, e che si conclude con un invito alla riflessione agli operatori ma anche ai fruitori dell’informazione.
Conclusioni a cura di Andrea Masullo, Direttore scientifico e Presidente del Comitato Scientifico di Greenaccord, ha concluso la giornata con un intervento atto a spiegare che anche le pandemie sono collegate al nostro modello di sviluppo. «In questo momento in qualche angolo remoto del nostro pianeta si sono sviluppati dei virus che hanno ottenuto una chiave di accesso alle cellule umane. Per fortuna, non essendoci contatti con l’uomo, questi virus nella maggior parte dei casi sono destinati ad estinguersi. Pensiamo però a come stiamo distruggendo la foresta amazzonica a fini economici. Significa che arriveranno uomini che potranno entrare in contatto con le specie portatrici di virus. La mobilità poi di uomini e merci completa il quadro. Ma pensiamo anche allo scioglimento del permafrost artico, all’interno del quale sono conservate specie patogene di migliaia e migliaia di anni fa, di cui la nostra genetica ha perso la memoria. È un ulteriore elemento che mette in relazione uomo e pandemie».
MATERIALI EVENTO
Abstract intervento Giuseppe Busia, Segretario Generale Autorità Garante per la Protezione dei dati personali
Slide intervento Antonio Brighenti, Quality Assurance Manager, Steris spa
Story Map Emilio Misuriello, AD di Esri Italia
LA DIRETTA STREAMING DELL’EVENTO
VIDEO INTERVISTA A GIUSEPPE BUSIA
(A cura di Romina Gobbo)
VIDEO INTERVISTA AD ANTONIO BRIGHENTI
(A cura di Romina Gobbo)