In questa pagina tutti i materiali della Giornata di Studio: “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi” , Firenze, 21 Maggio 2016
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Comunicati stampa
COMUNICATO 1 del 21/05/2016
Impegni post COP21 “Una sfida da vincere tutti insieme”
Aperta a Firenze la giornata di studio “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi” organizzata dall’associazione Greenaccord Onlus in collaborazione con la Regione Toscana. Obiettivo: fornire a giornalisti e operatori dell’informazioni le competenze necessarie per comprendere al meglio i temi e le sfide emerse dopo gli accordi globali sui cambiamenti climatici.
Firenze, 21 maggio 2016 – “Senza un coinvolgimento delle persone e una spinta dal basso, senza una corretta informazione, non ideologica o superficiale ma basata su dati scientifici e capace di dare concretezza alle analisi teoriche degli esperti, i gravi problemi connessi con i cambiamenti climatici difficilmente potranno essere risolti e gli obiettivi che il mondo si è posto con gli accordi della Cop21 di Parigi verranno raggiunti in un lasso di tempo ancor maggiore di quello, già lungo, prefissato a livello globale”. L’analisi dell’assessore regionale alla Presidenza, Bilancio e Finanze della Regione Toscana, Vittorio Bugli, ha aperto il convegno “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi”, una giornata di studio rivolta ai giornalisti e agli operatori dell’informazione, organizzata dall’associazione di giornalismo ambientale Greenaccord Onlus in collaborazione con la Regione Toscana e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Un’occasione per fornire, attraverso analisi di grande rigore scientifico, spunti di riflessione e contenuti per comprendere e comunicare al meglio i temi sul tavolo dei decisori internazionali a seguito della firma dell’accordo COP21 sul clima.
“Con questo incontro – spiega il presidente di Greenaccord, Alfonso Cauteruccio – vogliamo approfondire i punti di forza e debolezza dell’accordo di COP21 e le future conseguenze per le nostre imprese, la nostra agricoltura e i nostri cittadini, connesse con una progressiva decarbonizzazione dell’economia italiana e mondiale”.
Alla giornata di studio prenderanno parte esperti di sviluppo sostenibile, economisti, rappresentanti dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, oltre a esponenti di numerose associazioni e aziende impegnate sui temi del climate change e della green economy.
“L’accordo di Parigi – spiega Andrea Masullo, direttore scientifico di Greenaccord – pone problemi giuridici (la cogenza delle azioni previste, i tempi troppo lunghi di entrata in vigore, la mancanza di controlli indipendenti), problemi di natura economico-produttiva e di geopolitica, a partire dalla mancanza di una governance globale capace di dirimere le questioni. La sfida può essere vinta solo se tutti gli attori coinvolti, dalla politica alla società civile al tessuto produttivo, saprà fare la propria parte”.
COMUNICATO 2 del 21/05/2016
Firenze, Palazzo Sacrati Strozzi – 21 Maggio 2016
“COP21, servono azioni concrete
o rimarrà una scatola vuota”
L’analisi delle opportunità e delle criticità dei risultati ottenuti durante la conferenza sul clima di Parigi ha caratterizzato gli interventi della prima sessione di lavori della giornata di studio “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi” organizzata a Firenze da Greenaccord Onlus in collaborazione con la Regione Toscana. Presentate le ricette per rendere possibile decarbonizzare l’economia. E il rappresentante del MISE annuncia: a breve rivedremo la Strategia energetica nazionale
Firenze, 21 maggio 2016 – Guai a considerare i risultati raggiunti alla COP21 sul clima un punto di arrivo perché sono solo una cornice all’interno della quale inserire gli interventi effettivi che gli Stati dovranno mettere in atto nell’azione di contrasto ai danni dei cambiamenti climatici. È il filo conduttore delle analisi degli esperti intervenuti nella prima delle due sessioni di lavori della giornata di studio “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi” organizzata dall’associazione Greenaccord Onlus in collaborazione con la Regione Toscana. “Se pensiamo che le decisioni assunte alla COP21 siano sufficienti a bloccare il climate change siamo sulla cattiva strada” ha ammonito Giampiero Maracchi, presidente dell’Accademia dei Georgofili. “Il documento finale contiene 31 pagine di dichiarazioni sullo sviluppo sostenibile ma non gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi. Si rimanda a organismi futuri e a soluzioni non cogenti, mentre i combustibili fossili e l’effetto serra continuano ancora a crescere”. Secondo Maracchi, il maggiore merito della COP21 è stato quello di garantire un’importante attenzione mediatica su temi altrimenti sottovalutati dal mondo dell’informazione e dall’opinione pubblica. “Il fenomeno del surriscaldamento globale è però qualcosa di ben più complesso della semplice crisi climatica. Per risolverlo bisogna affrontare seriamente altre cinque crisi: la crisi ambientale, la crisi economica,la crisi demografica, la crisi politica mondiale e la crisi di valori connessa con i nostri metodi di consumo” ha concluso Maracchi.
Ma gli obiettivi fissati a Parigi e ratificati nelle settimane scorse a New York rappresentano anche una straordinaria opportunità di ripensare e innovare le varie branche del nostro sistema produttivo. A partire dall’obiettivo della decarbonizzazione dell’economia: “Tutti gli Stati devono andare nella direzione di una progressiva decarbonizzazione della nostra economia, del nostro produttivo e del nostro sistema socio-economico più generale” ha spiegato Alessandro Carettoni, rappresentante della Direzione generale del Ministero dell’Ambiente. “A tal riguardo, dobbiamo rafforzare e ampliare tutte le politiche che ci portano verso la decarbonizzazione: le politiche per l’efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le fonti rinnovabili”. Un traguardo sicuramente ambizioso ma assolutamente possibile, nel medio periodo. “I tempi nei quali lo raggiungeremo – prosegue Carettoni – dipendono dalla velocità con cui si implementano queste politiche e dall’impegno che metteremo su questo fronte nel medio-lungo periodo. E in questo senso, l’Italia ha già attive molte strategie per la transizione verso un modello ‘low carbon’: interessano l’efficienza energetica, strumenti di incentivazione mirate per migliorare le nostre prestazioni energetiche nel campo edilizio, dell’industria, dei trasporti. Dobbiamo puntare a rafforzare ulteriormente le rinnovabili sul nostro territorio anche con politiche mirate di semplificazione”.
Il passaggio verso un nuovo modello economico capace di utilizzare meno risorse naturali e finalmente libero dalla dipendenza dalle fonti fossili garantirà importanti opportunità di sviluppo a numerosi settori produttivi italiani: “Tali opportunità saranno senza dubbio maggiori rispetto ai costi necessari alla transizione” prevede Luca Di Donatantonio, membro della Direzione generale per la Sicurezza energetica – Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (UNMIG) del Ministero dello Sviluppo economico (MISE). “Alcune realtà produttive italiane, anche molto importanti, lo stanno iniziando a capire. Questo consentirà loro di accogliere queste opportunità, di continuare ad avere margini di profitto anche in futuro”. Di Donatantonio ha inoltre annunciato ai giornalisti presenti che il MISE potrà mettere mano alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) introdotta dal governo Monti nel 2013: “Alla luce dell’orizzonte temporale previsto dalla SEN e degli attuali valori che caratterizzano il sistema energetico italiano, è auspicabile che in tempi brevi si proceda all’aggiornamento della strategia anche in un’ottica di sostenibilità e di una visione di economia circolare” ha spiegato Di Donatantonio.
Ma non è solo il settore energetico a essere coinvolto nel processo di riduzione del consumo di risorse primarie. Anche il comparto agricolo può e deve fare la propria parte. Ne è convinto Francesco Ciancaleoni dell’Area Ambiente e Territorio di Coldiretti che ha ricordato come i dati forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale attribuiscono all’agricoltura la responsabilità del 6,9% delle emissioni nazionali. Per ridurne l’impronta è necessario intervenire sui processi agricoli, produrre energia a fonti rinnovabili, diffondere nuovi modelli di produzione meno intensivi”. La transizione può essere aiutata (e molto) anche dalle scelte che faranno i consumatori: “Devono sempre più imparare ad adottare nuovi stili di acquisto – suggerisce Ciancaleoni – prediligendo la filiera corta e i prodotti stagionali di aziende del proprio territorio ottenuti con tecniche colturali a basso impatto, come l’agricoltura biologica”.
E proprio le conseguenze dei cambiamenti climatici sul settore agricolo impongono sfide nuove anche al settore assicurativo, chiamato con sempre maggiore frequenza a intervenire quando gli eventi climatici estremi danneggiano economicamente l’agroindustria: “per il comparto assicurativo – spiega Fabian Capitanio, docente di Economia e Politica agraria, Dipartimenti di Agraria – Università degli Studi di Napoli Federico II – il surriscaldamento globale e i mutamenti del clima sono una sfida tanto urgente quanto appassionante. Le compagnie assicurative più attente alle evoluzioni degli scenari che gravitano intorno all’attività agricola sono impegnate nell’ideare formule di coperture assicurative nuove rispetto al passato, che superino i limiti delle formule tradizionali e permettano di ritagliare prodotti maggiormente vicini alle reali esigenze economiche degli assicurati”.
Firenze, Palazzo Sacrati Strozzi – 21 Maggio 2016
Clima, senza l’impegno del settore energetico
impossibile centrare gli obiettivi fissati a Parigi
Dal comparto energetico provengono 32 Giga tonnellate di CO2 e le fonti fossili, a partire dal carbone, sono responsabili della maggior parte delle emissioni. Ecco perché il contributo del comparto è essenziale per la transizione a un’economia low carbon. Le analisi di Eni, Gse e Federesco alla giornata di studi “Clima – dubbi e speranze dopo Parigi”organizzata dall’associazione Greenaccord Onlus e Regione Toscana
Firenze, 21 maggio 2016 – I traguardi fissati a Parigi nell’ambito degli accordi della COP21 non potranno essere raggiunti senza l’impegno dei diversi comparti produttivi. E in tal senso, cruciale saranno le decisioni e strategie assunte in particolare nel settore energetico. La consapevolezza, ormai diffusa fra gli addetti ai lavori, è stata evidenziata dai vari relatori intervenuti nella sessione pomeridiana della giornata di studio “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi” organizzata dall’associazione Greenaccord Onlus in collaborazione con la Regione Toscana. Proprio dal settore energetico proviene infatti una grande quantità delle emissioni climalteranti di natura umana: “32 Giga tonnellate di CO2” spiega Giuseppe Ricci, vicepresidente esecutivo della Direzione Health, Safety, Environment & Quality di Eni, che ha sottolineato un dato spesso sottovalutato nella comunicazione dei media sul tema dei cambiamenti climatici: “Al 2011, l’umanità ha già immesso nell’atmosfera i 2/3 del budget di emissioni a nostra disposizione prima che il surriscaldamento globale provochi cambiamenti irreversibili. Ci rimangono appena 1000 Gt di CO2 da consumare. Ecco perché intervenire per un’inversione di rotta è quantomai urgente.
Abbandonare la dipendenza dalle fonti fossili, che ancora garantiscono l’80% dell’offerta energetica, è quindi di estrema urgenza. Ma tra le fonti fossili quella che attualmente causa il maggiore impatto ambientale è il carbone, responsabile da solo di quasi la metà delle emissioni globali di gas climalteranti legati all’energia (il petrolio ne causa 1/3 e il gas un altro 20%). “La strategia futura delle aziende oil & gas – spiega Ricci – è quindi cruciale per condurre l’economia verso un assetto low carbon. Ecco perché Eni ha inserito i cambiamenti climatici tra i top risk per la società. Ha così deciso di collegare le politiche di remunerazione del top management al rispetto degli obiettivi di riduzione della CO2. Dal 2010 al 2015 abbiamo ridotto le emissioni dirette del 28%, soprattutto attraverso la riconversione di chimica e raffinerie e la progressiva eliminazione del flaring. Entro il 2025 puntiamo a ridurre ulteriormente le emissioni del 22% rispetto al 2014”.
Accanto all’abbandono delle fonti fossili deve però contestualmente consolidarsi il settore delle rinnovabili. “Un settore ormai maturo” ricorda Antonio Nicola Negri, rappresentante del GSE (Gestore Servizi Energetici) che ha ricordato gli effetti prodotti negli anni dai cinque Conti Energia d’incentivazione dei pannelli fotovoltaici (“17701 MW di potenza garantita dagli impianti installati, con le regioni del Sud Italia che per una volta guidano la classifica delle regioni che più hanno sfruttato questa opportunità”) e ha annunciato per i prossimi giorni il nuovo decreto sugli incentivi che sostituirà quelli previsti finora sia per il fotovoltaico, sia per l’eolico e le biomasse.
Altro tassello importante per ridurre le emissioni causate dal settore energetico è quello dell’efficientamento energetico. E in tal senso, un contributo rilevante può arrivare dallo sviluppo delle ESCO, le Energy Service Company che aiutano imprese e cittadini a sviluppare programmi di efficientamento. “L’efficienza energetica – spiega Alessandro Pascucci di Federesco – crea posti di lavoro rilanciando l’economia nazionale. É l’unico intervento che può assicurare sviluppo e futuro per il Paese. Per promuoverla è necessaria un’azione culturale immediata che parta dalle scuole mentre sul piano politico è necessario che il governo renda operative le disposizioni previste dal legislatore”.
La giornata di studi si è conclusa con una tavola rotonda che ha approfondito ulteriormente le luci e ombre emerse dai documenti usciti dalle trattative di Parigi e alla quale hanno preso parte Marica di Pierri (A Sud Onlus), Veronica Ciacagli (presidente dell’Italian Climate Network), Giuseppe Onufrio (direttore scientifico di Greenpeace Italia)