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Canada, i vescovi: “Una nuova cultura per l’ambiente”Canada, i vescovi: “Una nuova cultura per l’ambiente”

Dai presuli ancora un documento sul tema ecologico: l’uomo è responsabile e custode del creato e non può abdicare a questo compito

Fonte: Vaticaninsider – La Stampa

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA
ROMA

Si moltiplicano gli interventi dei leader religiosi in vista della prossima riunione del G8 in giugno a Enniskillen, Irlanda del Nord. Se i vescovi inglesi avevano optato per una Lettera aperta, la conferenza episcopale del Canada ha pubblicato una Lettera pastorale, ma con un forte accento sulle responsabilità politiche dei governanti delle nazioni economicamente più avanzate, il cui ruolo, scrivono, è determinante per far maturare atteggiamenti e prendere decisioni nel rispetto di ogni abitante della terra. “Perché i costi economici e sociali dell’uso delle risorse ambientali non devono gravare su altre nazioni, né sulle generazioni future”.

Così il nuovo documento “Costruire una nuova cultura” (a soli 5 anni di distanza dall’ultimo intervento del 2008 dal titolo inequivocabile “La nostra relazione con l’ambiente: la necessità di una conversione”) mostra la volontà di riaffermare l’urgenza di attivarsi nei confronti dell’ambiente.

Il tema ecologico è entrato solo di recente nell’insegnamento della Chiesa, scrivono, ma oggi è centrale e negli ultimi decenni le dichiarazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI l’hanno ricordato ai cattolici. Molti di loro sono giustamente preoccupati: la Lettera intende essere solo uno strumento di lavoro (6 pagine in tutto) per approfondire il legame inscindibile tra questione ambientale, economia e giustizia.

Troppo cristiani stanno fermi perché avvertono il rischio di altre ideologie, quali panteismo o biologismo, ma è un errore, forse anche un comodo alibi. Non bisogna aver alcun timore a riconoscere la “grammatica della creazione”: l’uomo è responsabile e custode del creato e a questo compito non può abdicare. “Esiste una sorta di reciprocità: quando ci prendiamo cura del creato, allora noi siamo in grado di riconoscere che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi”(l’eco di quell’espressione del 2008 “amare il pianeta come lo ama Dio”).

E se ecologia implica un sistema di relazioni e interazioni, il mantenimento di un adeguato equilibrio del nostro ambiente naturale è possibile solo quando siamo in grado di favorire un’ “ecologia umana”:  rapporti umani e interazioni che rispettino la dignità delle persone e il diritto alla vita, il bene comune e la natura stessa.

Perché custodire l’ambiente non significa solo difendere la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione che appartengono a tutti, è soprattutto una questione di proteggere l’umanità dall’autodistruzione. “L’uomo sarà in grado di rispettare le altre creature solo se mantiene il senso della vita nel suo cuore”.

Costruire una nuova cultura nei confronti dell’ambiente significa evidenziarne la valenza di questione morale. “ La distruzione della natura è causata da una negligenza ecologica che trova riscontro a breve termine negli interessi economici e nella ricerca egoistica del profitto: quindi, in ultima analisi, in una mancanza di valori evangelici”. Per una soluzione adeguata occorrerà andare alla fonte del problema, affrontando nel suo insieme la profonda crisi morale di cui la distruzione dell’ambiente è solo un aspetto  inquietante.

“La creazione è stata affidata all’umanità nel suo complesso e non ad una singola persona, un gruppo o una nazione, le sue risorse e la responsabilità della sua cura devono essere condivise da tutti”. Da qui la solidarietà e condivisione tra individui, popoli e nazioni, così come la solidarietà  intergenerazionale nei confronti delle generazioni future. Fondamentale è la condivisione con i poveri della terra in termini di giustizia e bene comune: dal momento che il degrado ambientale è spesso legato alla povertà, la solidarietà esige di affrontare le cause strutturali della povertà.

Sono i governi, non le chiese, ad aver l’obbligo di individuare le soluzioni tecniche più adeguate, ma non c’è tempo da perdere.http://www.cccb.ca/site/images/stories/pdf/Enseignement_de_lglise_sur_lenvironnement.pdf

http://www.cccb.ca/site/images/stories/pdf/Church_Teaching_on_the_Environment.pdf

Dai presuli ancora un documento sul tema ecologico: l’uomo è responsabile e custode del creato e non può abdicare a questo compito

Fonte: Vaticaninsider – La Stampa

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA
ROMA

Si moltiplicano gli interventi dei leader religiosi in vista della prossima riunione del G8 in giugno a Enniskillen, Irlanda del Nord. Se i vescovi inglesi avevano optato per una Lettera aperta, la conferenza episcopale del Canada ha pubblicato una Lettera pastorale, ma con un forte accento sulle responsabilità politiche dei governanti delle nazioni economicamente più avanzate, il cui ruolo, scrivono, è determinante per far maturare atteggiamenti e prendere decisioni nel rispetto di ogni abitante della terra. “Perché i costi economici e sociali dell’uso delle risorse ambientali non devono gravare su altre nazioni, né sulle generazioni future”.

Così il nuovo documento “Costruire una nuova cultura” (a soli 5 anni di distanza dall’ultimo intervento del 2008 dal titolo inequivocabile “La nostra relazione con l’ambiente: la necessità di una conversione”) mostra la volontà di riaffermare l’urgenza di attivarsi nei confronti dell’ambiente.

Il tema ecologico è entrato solo di recente nell’insegnamento della Chiesa, scrivono, ma oggi è centrale e negli ultimi decenni le dichiarazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI l’hanno ricordato ai cattolici. Molti di loro sono giustamente preoccupati: la Lettera intende essere solo uno strumento di lavoro (6 pagine in tutto) per approfondire il legame inscindibile tra questione ambientale, economia e giustizia.

Troppo cristiani stanno fermi perché avvertono il rischio di altre ideologie, quali panteismo o biologismo, ma è un errore, forse anche un comodo alibi. Non bisogna aver alcun timore a riconoscere la “grammatica della creazione”: l’uomo è responsabile e custode del creato e a questo compito non può abdicare. “Esiste una sorta di reciprocità: quando ci prendiamo cura del creato, allora noi siamo in grado di riconoscere che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi”(l’eco di quell’espressione del 2008 “amare il pianeta come lo ama Dio”).

E se ecologia implica un sistema di relazioni e interazioni, il mantenimento di un adeguato equilibrio del nostro ambiente naturale è possibile solo quando siamo in grado di favorire un’ “ecologia umana”:  rapporti umani e interazioni che rispettino la dignità delle persone e il diritto alla vita, il bene comune e la natura stessa.

Perché custodire l’ambiente non significa solo difendere la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione che appartengono a tutti, è soprattutto una questione di proteggere l’umanità dall’autodistruzione. “L’uomo sarà in grado di rispettare le altre creature solo se mantiene il senso della vita nel suo cuore”.

Costruire una nuova cultura nei confronti dell’ambiente significa evidenziarne la valenza di questione morale. “ La distruzione della natura è causata da una negligenza ecologica che trova riscontro a breve termine negli interessi economici e nella ricerca egoistica del profitto: quindi, in ultima analisi, in una mancanza di valori evangelici”. Per una soluzione adeguata occorrerà andare alla fonte del problema, affrontando nel suo insieme la profonda crisi morale di cui la distruzione dell’ambiente è solo un aspetto  inquietante.

http://www.cccb.ca/site/images/stories/pdf/Enseignement_de_lglise_sur_lenvironnement.pdf

http://www.cccb.ca/site/images/stories/pdf/Church_Teaching_on_the_Environment.pdf

“La creazione è stata affidata all’umanità nel suo complesso e non ad una singola persona, un gruppo o una nazione, le sue risorse e la responsabilità della sua cura devono essere condivise da tutti”. Da qui la solidarietà e condivisione tra individui, popoli e nazioni, così come la solidarietà  intergenerazionale nei confronti delle generazioni future. Fondamentale è la condivisione con i poveri della terra in termini di giustizia e bene comune: dal momento che il degrado ambientale è spesso legato alla povertà, la solidarietà esige di affrontare le cause strutturali della povertà.

Sono i governi, non le chiese, ad aver l’obbligo di individuare le soluzioni tecniche più adeguate, ma non c’è tempo da perdere.

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